Emoji col pollice alzato, se inviata su WhatsApp vale come consenso?
Quando stiamo definendo un accordo o riconoscendo un debito l’invio dell’emoji con il pollice alzato su WhatsApp può essere considerato come assenso? Di recete la questione è stata dibattuta presso il Tribunale di Bologna per una pronuncia in ambito condominiale.
L’ordinanza del Tribunale di Bologna
L’ordinanza del 16 febbraio 2025 presso il Tribunale di Bologna ha visto il giudice ritenere che, anche il pollice alzato inviato su WhatsApp, può essere considerato come un parere favorevole. Il caso di specie, riguardante una questione condominiale, faceva riferimento all’installazione di una tettoria su un balcone.
Sentenza n. 953/2024 Tribunale di Reggio Emilia
Il caso di specie, orami emblematico, fa riferimento al recupero del credito. Nello specifico, il debitore, aveva ammesso chiaramente, tramite una conversazione avvenuta su una chat di aver ricevuto un aiuto economico. I soggetti coinvolti erano rispettivamente genero e suocero. Pertanto tale circostanza ha permesso al suocero di ottenere un decreto ingiuntivo per il recupero della somma prestata. Infatti, il decreto ingiuntivo, può essere emesso sulla base di una semplice prova documentale.
Il consenso inviato tramite Chat
La prova documentale, per il giudice, può anche essere non cartacea. Pertanto non vi sono ragioni di limitare tale prova ad un mero documento cartaceo. Il consenso può essere espresso in forma digitale (tramite l’invio di chat) con una formula semplice come un “ok”, “si” o con un emoji.
Pertanto, l’ordinanza del Tribunale, conferma che gli strumenti di messaggistica (come WhatsApp) possono essere considerati validi mezzi di prova (quando utilizzati in modo appropriato e documentato).
Tale circostanza può essere applicata a diverse fattispecie come ad esempio nei rapporti tra ex coniugi in relazione alle spese straordinarie o di regolamentazione del diritto di visita. E’ importante sottolineare come la giurisprudenza, ha sdoganato le forme di comunicazione istantanee quali valevoli nella gestione dei figli.
La Cristallizzazione delle Chat WhatsApp
L’acquisizione forense certificata delle chat e delle conversazioni WhatsApp permette alle stesse di essere utilizzate quali prove ammissibili presso il Tribunale competente. Gli interscambi che avvengono a mezzo chat sono memorizzati sui dispositivi coinvolti, pertanto, l’unica possibilità che permette di attestare l’integrità degli stessi è quella di acquisirli prelevandoli direttamente dai dispositivi su cui i messaggi sono stati salvati. Naturalmente, è possibile procedere all’acquisizione forense, anche qualora il contenuto della chat contenga file audio, foto o video.
La Cristallizzazione delle Chat WhatsApp, al fine di garantire un valore probatorio delle stesse, deve rispettare due aspetti fondamentali. Da un lato l’autenticità della provenienza e dall’altro l’affidabilità e integrità del contenuto.
Infatti è necessario provare che il messaggio provenga da un dispositivo identificabile, il cui contenuto non sia stato alterato, rispecchiando fedelmente l’interscambio di comunicazione.
Rivolgersi ad Agenzia Investigativa delle Alpi permette di poter richiedere la cristallizzazione di chat WhatsApp al fine di poterle produrre in sede di giudizio.